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logo. E solo con questi lavori potea sperare di procacciarsi fama e buscarsi un ufficio.

Ho mutato abito, o piuttosto riassunto quello ch’io portai da fanciullo. Qui in Roma io non sono letterato, ma sono un erudito e un grecista.

Sperò in qualche commissione, sperò in qualche impiego. Poi si persuase che «cercare impieghi nello Stato è opera quasi perduta»:

Il mio progetto è di farmi portar via da qualche forestiere o inglese, o tedesco, o russo.

Per farsi conoscere scrisse nelle Effemeridi qualche «bagattella tutta erudita», un articolo intorno a Filone, e un altro in latino intorno a’ libri della Republica di Cicerone, pubblicati dal Mai tutta roba di lieve conto. Di maggiore importanza sono le sue Annotazioni sopra la Cronica d’Eusebio, pubblicate in Roma, dove si rivela la sua profonda cognizione del greco, e dove sono certe emendazioni che fanno stupire in uomo estraneo quasi a tutt’i progressi che aveva fatti la filologia in Germania: era come osservare il sole senza telescopio.

Del resto, la dimora di Roma fu propizia alla sua salute.

Io sto benissimo, scrive al padre, e veramente dalla metà di gennaio l’inverno di Roma è terminato.

Ciancia volentieri col padre e co’ fratelli; fa osservazioni argute; racconta le sue impressioni delle ballerine.

Il ballo pare che comunichi alle forme un non so che di divino, ed al corpo una forza, una facoltà più che umana.

Trova il Corso, di carnevale, veramente bello e degno di esser veduto; giudica cosa stupenda la Donna del Lago eseguita da voci sorprendenti:

Potrei piangere ancor io, se il dono delle lagrime non mi fosse stato sospeso, giacché m’avvedo pure di non averlo perduto affatto.