Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/16

10 giacomo leopardi

spicuum ornamentum», e lodi «candidissimum praeclari adolescentis ingenium et egregiam doctrinam».

Tutti questi lavori furono fatti in poco più di due anni, celerità possibile solo a colui che spendeva le giornate a leggere, chiuso in una biblioteca, e tutto ciò che leggeva fissava in carta e faceva suo con ogni maniera di esercizii.

Ci è lì dentro, più che un sapere di biblioteca, quel leggicchiare antologie e dizionarii storici che procaccia fama di erudizione a buon mercato; ci è un sapere condensato e assimilato. Esempio possono essere i suoi commentarii sulla vita e le opere di Dion Crisostomo, di Elio Aristide, di Cornelio Frontone, di Ermogene. Per averne un concetto, scegliamo il primo, che riguarda Dione. Nell’introduzione si sente quanto desiderio di gloria scaldava il giovane, quanto amore di lettere, e quanta ammirazione de’ sapienti:


Doctissimorum virorum exempla revolvere, solet viventibus doctrinae praebere incitamenta. Hinc laudis, hinc gloriae studium, hinc aemulae mentis contentio. Quis enim et infoecundas gloriae et laudum expertes sapientiam vocet et litteras?


Ma, una volta immerso nelle sue ricerche, nessuna più espansione, nessuno studio di frase o di pensiero. Diviene arido come uno scoliaste. Diresti che, affaticando il cervello nelle minuterie del suo argomento, non gli rimanga voglia né forza di alzarsi nelle alte regioni della critica. Sappiamo i nomi di Dione, la sua patria, i suoi discepoli, i suoi viaggi, e i titoli e il soggetto delle sue opere; ma non per ciò conosciamo addentro Dione nel suo essere, nel suo ingegno, nel suo carattere. Ciò che colpisce, è il numero stragrande di citazioni greche e latine, anche dove i fatti sono ammessi, e non ne hanno bisogno. Il risultato più chiaro è di farci dire: — Quanta dottrina aveva accumulato nel suo cervello questo fanciullo! — Il libro ha l’apparenza di note e di notizie raccolte da infinite parti e messe insieme per fare un lavoro. C’è il materiale; manca il lavoro. A questo modo stesso sono tirati giù gli altri commentarii. Si capisce dunque da una