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niente di esagerato. La Natura nella Saffo è, al contrario, bella e amica, come sempre. Il canto dell’augello e il murmure del faggio è un saluto; l’aprico margo, il mattutino albore è un riso; bella è la rorida terra, bello è il manto del divino cielo. La Natura è una beltà infinita, di cui nessuna parte tocca a Saffo. La reietta di Faone è la reietta di tutto l’universo, la «negletta», com’ella dice, «negletta prole». Tale è il concetto estetico, che dà alla natura una parvenza nuova, e rende possibile a Saffo l’ultima poesia. Concetto che non è il vero, ma semplice parvenza, o, come dicesi, una verità poetica, ciò che par vero a Saffo e a tutti quelli che sono nel suo stato, in «disperati affetti». Questa situazione così circoscritta non consente quell’alta intonazione e quella solennità di tragedia che pare nella forma del Bruto. La forma tende invece all’elegia, e più, quanto si avvicina più al termine. Se volessimo usare un gergo di moda, direi che Bruto muore per congestione. Saffo per depauperimento. La forma lì gorgoglia e ribolle; qui, cominciata maestosa e splendida, si va rilassando a poco a poco, e finisce in un sospiro appena sensibile, anzi non senti nemmeno più il sospiro nelle ultime parole, nude di ogni impressione:

    ...  il prode ingegno
an la tenaria Diva,
E l’atra notte, e la silente riva.
Bruto e Saffo, tutti e due riconoscono la ferrata necessità. Ma non perché il male sia necessario, vi si acquieta Bruto, e rugge e tempesta contro il «fato indegno». Quello che in Bruto è un ruggito, in Saffo è un gemito. Anche lei si sente vittima innocente: «In che peccai bambina? Qual fallo macchiommi anzi il natale?». Ma non perciò chiama carnefice il Fato, anzi lo chiama il Padre. Quello che a Bruto è empietà, a lei è mistero. La nudità della sua esposizione lascia appena scorgere la punta dell’ironia in quelle parole: «e la ragione in grembo de’ celesti si posa». In questo suo mutismo c’è più strazio che nella violenza di Bruto. Non ha collera, non lamento, non impeti, non espansioni, non emozioni. Racconta la sua infelicità in plurale,