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xii. 1820 - canzone al mai | 111 |
Questo è un piccolo capolavoro. Quelle certe immagini antiche, che gli si svegliano non chiare e tutte, ma così in confuso come dopo un sogno, e quasi le andasse cercando, quella voce della natura, quel domandarle misericordia, e quel cielo puro e il bel raggio di luna, e l’aria tepida e l’abbaiare lontano dei cani, cose non descritte, perché sono una azione immediata della natura, queste non sono invenzioni poetiche, ma fenomeni dell’anima, vivi nella memoria, e riprodotti in modo immediato e semplice, fenomeni di quel novo spiracolo di vita che gli apriva la primavera.
Ma fu un sollievo momentaneo, un gemito o un sospiro in mezzo a quel torpore, che gli rendeva più acuto il sentimento del suo stato ordinario.
E in quel momento dando uno sguardo alla mia condizione passata, alla quale era certo di ritornare subito dopo, com’è seguito, m’agghiacciai dallo spavento, non arrivando a comprendere come si possa tollerare la vita senza illusioni e affetti vivi, e senza immaginazione ed entusiasmo.
Eccolo dunque ricascato nel suo sopore.