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xi. 1819 - gl’idillii | 99 |
Il dualismo è invitto, non c’è eliminazione, non c’è soluzione. Se il poeta fa buon sangue e gode un istante di gioventù, non è già che rinneghi le sue idee e chiami sostanze reali quelle che il suo pensiero chiama ombre. Sono illusioni, il pensiero ha ragione; pur vi si tiene afferrato con ambe le mani, e le ama e le segue come fossero sostanza. Parimente negl’istanti oscuri della vita non è già che le illusioni si dileguino affatto dal suo spirito, perché, non fosse altro, sono presenti nel lamento che fa di averle perdute, presenti nella memoria. Quel lamentare e quel ricordare è pregno di desiderio, e te le rende più vive. Perciò questo non è propriamente un dramma, perché il dramma suppone una eliminazione delle due forze e una soluzione, ma è lirica, un canto o un lamento generato da quella opposizione. Il dramma ci sta come mezzo per sviluppare la lirica, dov’è l’ultimo fine di questa poesia.
Ho detto che in questa lotta non c’è di greco se non il colore, voglio dire l’apparenza. Il poeta mette in mezzo il fato o il cielo, rappresentando al di fuori la lotta ch’è tutta dentro di lui. Il vizio è nei vocaboli che danno alla sua forma una vernice classica e talora la guastano. Ma il vizio si arresta alla superficie, e la rappresentazione rimane moderna. Quel fato e quel cielo è lui, e quella lotta non è se non la scissura della sua anima, dove coesistono, inconciliati, il cuore e l’intelletto.
Cosí il mondo è guardato da un punto di vista nuovo, non solo in sé stesso preso in astratto, quanto per i fatti psicologici, da’ quali nasce, e ne’ quali si compie internandosi nei più intimi affetti del poeta.
Questo lo rende viva realtà.
Il Sogno e la Vita solitaria furono, come gli altri tre idillii, scritti nello stesso anno che le citate lettere a Giordani, quali prima, quali dopo, poco importa. Talora trovi nelle lettere frasi quasi testuali di poesie scritte innanzi; talora la poesia è come una eco sentimentale di concetti espressi nelle lettere.