tutte le esagerazioni, a cui si abbandonano i personaggi. Noi che siamo stati messi a parte del secreto, e abbiamo veduto il dietroscena, e sappiamo tutt’i concerti e gli apparecchi degli attori, quando appariscono sulla scena, li accompagniamo con lo stesso risolino del poeta, o vi sieno moti e paure e credulità di plebe, o furberie di Conti e di Provinciali, o furfanterie di Azzecca-garbugli, o malizie di osti e di bravi. Anche nella rappresentazione degl’ideali più cari e più nobili della vita, in mezzo alla naturale esaltazione de’ sentimenti comparisce a un tratto quel tal risolino, che impedisce l’esagerazione, e ti ridona il senso della misura. Esaltazione spiegata è già esaltazione raffreddata. Questo che, secondo le regole comuni, sarebbe un errore, è appunto la genialità del poeta, la sua originalità, o per dirla con parola più modesta, il suo carattere. Il cappuccino che fa le sue osservazioni a padre Cristoforo e si acqueta ad un suo motto in latino, il maggiordomo che fa le sue rimostranze al Cardinale quando sta per ricevere l’Innominato, il Nibbio che parla di compassione, la vecchierella che cerca di consolare Lucia a modo suo, i monatti che fanno il chiasso in mezzo alla peste, sono la presenza della vita comune, una specie di contro-ideale, che regola e tempera ciò che vi è di troppo esaltato in situazioni così drammatiche. Diresti che come Alfieri pare che aguzzi sempre il suo pugnale, Manzoni pare stia sempre lì a spuntarlo. Originalissimo è sotto questo aspetto l’incontro di Federico e di don Abbondio. Se Federico parlasse solo, sarebbe una predica insopportabile. Quelle idee, quei sentimenti così fuori della vita comune e nella loro generalità così illimitati, dàlli e dàlli, provocherebbero una reazione ironica nella sfera temperata, in cui sono i lettori. Ma la reazione è trattenuta e sviata dalle risposte e soprattutto dalle impressioni di don Abbondio, posto in una sfera morale bassissima anche dirimpetto al concetto ordinario della vita, incontro singolare e collisione vivacissima di ciò che vi è di più eroico nella vita morale e di ciò che vi è di più abbietto. E il risultato di quest’audace concezione è una situazione tragicomica, i cui effetti contraddittorii si rintuzzano e si temperano a vicenda, sicché la reazione che produrrebbe ciò che vi è