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iv. i «promessi sposi» 81

sta, fossimo tornati nella nostra modesta stanza. Il poeta mostra qui tutte le sue forze, di rado unite in uno stesso uomo, quella sua vivace apprensione della natura esteriore, quel suo acume d’analisi, quel vigore drammatico, quella sua misura in situazioni tanto esaltate.

E perché il poeta è così disposto, che quando un personaggio gli si presenta, lo arresta subito e gli domanda: — Chi sei? — ; perché sottopone tutto, uomini e cose, a processo di analisi, anche gli avvenimenti più prodigiosi, come la conversione dell’Innominato, anche gli uomini più straordinarii, come Federico Borromeo, perché non c’è maraviglia e non c’è grandezza che sfugga alla sua curiosità, perché non c’è emozione e non solennità che lo turbi e lo esalti, perché egli tutto decompone, tutto si spiega e tutto spiega, perché infine è lui che evoca quelle ombre e quegl’ideali e dà loro un’esistenza naturale e psicologica, della quale egli possiede e mostra la chiave; si comprende la sua tranquillità dirimpetto all’opera sua, come di uno spirito superiore che non vi si lascia assorbire e trascinare, anzi vi rimane al disopra, e guarda con occhio critico anche nel maggior caldo della produzione. E si comprende pure come per entro al racconto si senta aleggiare non so che ironico, che è appunto una reazione del reale e del positivo contro ogni esaltazione ed ogni esagerazione. Quando un mondo se ne va, si dichiara l’ironia. Questo dà un alto significato all’ironia di Socrate o di Luciano,

all’ironia di Ariosto o di Parini, all’ironia di Voltaire o di Goethe, questo dà un’importanza storica all’ironia di Manzoni. Essa è la faccia che prende venendo alla luce il senso del limite e della misura, in lui così caratteristico; è il senso del reale che si risveglia e si afferma. Di qui la sua disposizione a cogliere nelle cose umane quel di più e quel di meno, che ti fa dire subito: — Non è vero — , e che provoca quel cotal suo risolino. Lo stesso padre Cristoforo non può sottrarsi a quel suo sguardo ironico. Accomiatandosi da Lucia con queste parole: — «Il cuore mi dice che ci rivedremo presto», — che sa egli il cuore? — nota l’inesorabile critico. L’ironia lo accompagna in tutte le sue analisi, anzi l’analisi è ella stessa un’ironia, dandoci la chiave di

6 — De Sanctis, Manzoni.