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iii. la materia de’ «promessi sposi» 59

e di dritti individuali. Lotta non c’era, perché non ce n’era il sentimento. E popolo non c’era, o per dir meglio c’era il popolo, quale con una conoscenza così profonda e insieme così ironica l’ha messo in iscena Manzoni. Gli stessi eroi del romanzo, Renzo e Lucia, non perdono mai la coscienza del loro stato, e senza maraviglia mangiano a tavola distinta nel banchetto dato in loro onore dal signore del castello, anzi la loro maraviglia fu di essere visitati da quello, sì che parea che «anche le scabre e nude pareti, e le impannate e i deschetti e le stoviglie si maravigliassero di ricevere fra loro un ospite così straordinario». Qui ci è democrazia in un senso più elevato; perché qui gl’individui sono interessanti non per le loro qualità intellettuali o sociali, o di classe, o di fortuna, ma per il loro valore morale. Lucia e Renzo interessano, ancora che plebe, e padre Cristoforo interessa non meno che il cardinale Borromeo, la cocolla non meno che la porpora. Non è il titolo, e non la ricchezza, e non la dignità, e neppure la scienza che crea l’interesse estetico; è il carattere morale, non privilegio di classe o di professione, ma partecipe a tutti: ideale democratico, che è la negazione di ogni aristocrazia di convenzione.

Il contenuto adunque è in se stesso nuovo e interessante. Ma cosa è il contenuto? È materia greggia. Non è ancora arte. È il dato del problema, non è il problema. E quei critici, che in pro o contro Manzoni discutono astrattamente delle sue opinioni, del suo ideale e del suo reale storico, sono fuori dell’arte, e non aggiungono e non tolgono nulla al valore del libro ed alla grandezza dell’artista. La quistione vera è questa: — Dato un contenuto così o così, vive egli? — . Contenuti astratti, nuovi e interessanti che sieno, non hanno alcun valore, se il poeta non ha la potenza di rifletterli nel suo spirito e riprodurli come un nuovo organismo, dove si senta l’impressione fatta nel cervello, e l’elaborazione e la nuova formazione. Or questo processo interiore costituisce ciò che in linguaggio scientifico dicesi «forma», da non confondersi con simile parola adoperata da’ retori a significare le sue apparenze più grossolane.