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storia come quella, scritta con tanta precisione di particolari, e insieme con tanta finezza di analisi, sicché tutto è denso e tutto è trasparente. E la conclusione della storia è questa, che il mondo vi era regolato dalla forza, ciò che Renzo chiama la lega de’ birboni, una forza incolta aiutata dalla scaltrezza di una coltura mezzana e pedantesca, divenuta suo istrumento, una forza, alla quale non era rimedio la legge scritta, o non curata, o rivolta spesso a furia di cavilli contro quei medesimi che doveva proteggere. Questa era la storia da Lecco a Milano; questo era il secolo in Lombardia, e un po’ dappertutto in Italia; violenza e corruzione e servilità nelle reggie, ne’ castelli e ne’ conventi, tra preti e laici, tra nobili e borghesi. Quella lega d’insolenza e di vigliaccheria, di violenza e di astuzia, ti rivelava una società non nella rozzezza della sua origine, ma nella corruzione; era la decadenza. E decadenza vuol dire che le forze intellettuali e morali, regolatrici della coscienza e ideale della società, ci stanno sì ancora, ma solo in parola e in iscritto, senza piú niuna efficacia sulle volontà, e meccanizzate, senza più movimento in se stesse. Ci era la nobiltà, ma il suo ideale viveva solo nelle immagini de’ maggiori; ci era il convento, ma già guasto ne’ suoi strati superiori; ci era la monaca, ma non ci era quasi più la santità e la spontaneità della vocazione; ci era il frate, ma il suo ideale era solo nelle sue massime e nelle sue prediche; e appena il suono delle campane e il rumore delle processioni ti annunziava che questa società era cristiana e cattolica. La virtù era ipocrisia, la coltura era pedanteria. Tutti avevano imparato a scuola o a chiesa o ne’ libri i comandamenti di Dio e le più belle sentenze morali, le quali servivano a decorare i periodi di don Ferrante e il cicaleccio di donna Prassede. Ora una società in decadenza la si può guarire meglio ristaurandovi l’antico ideale smarrito, ma non perduto, che con ideali affatto nuovi. Questo è ciò che dicesi ideale di ritorno; ed un ideale che ha la forza di ritornare, si rifà giovane, perché gittando via la scoria e riacquistando l’antica purezza appar nuovo, e ricupera il suo movimento interno, la sua virtù evolutiva e trasformativa, sì che può ricevere in sé elementi nuovi e mo-