i più umili attori, avvezzi al prosaico «vivere e lasciar vivere», come sono le Agnesi, le Perpetue e i don Abbondii, e non lasciati vivere, girati, come burattini, da quell’ignoto capo comico, che dicesi spirito del secolo. E qui è appunto l’interesse di questo racconto, ché le avventure non prodotte, ma patite da questi innocenti personaggi, non sono l’effetto del caso, o di combinazioni fantastiche, dette romanzesche, perché materia comune del romanzo, ma sono il risultato palpabile di cause storiche, rappresentate nel loro spirito e nella loro forma con una connessione cosí intima e così logica, che il racconto ti dà l’apparenza di una vera e propria storia. In questo senso elevato nessun romanzo merita al pari di questo il titolo di storico; se vero è che romanzo storico non è quello che dia di un secolo un concetto adeguato e pieno, come l’intendeva Manzoni e come l’aspettavano i contemporanei, ma è quello, la cui trama è tessuta da uno spirito osservatore e positivo, che dà all’immaginazione la base solida de’ motivi e degli eventi storici. Ma così non l’intendeva Manzoni, e gli parve, a mente fredda e rotto il fascino dell’ispirazione, che quel suo fine non l’aveva ottenuto, anzi che il romanzo storico fosse in sé un genere ibrido e assurdo, e dall’ammirazione de’ contemporanei fece appello alla severità de’ posteri. La posterità è cominciata, e non mi pare che quell’ammirazione si scemi, anzi mi pare che, se alcuna cosa di lui è dimenticata, è appunto quella sua magra definizione e quella sua crudele sentenza. In verità, se voleva il romanzo storico quale lo concepiva lui, quel fatterello sarebbe stato non il vero centro animato del racconto, ma il pretesto, un semplice filo intenzionale, col quale avrebbe piacevolmente tessuta la storia di quel tempo nella sua idea e nella sua realtà. Ma nel caldo della composizione si rivela artista, e quel fatterello gli desta un così potente interesse, e tanto vi s’impressiona e vi s’innamora, che l’interesse storico rimane un accessorio, e la storia altro non è se non un immenso materiale messo a’ servigi della sua immaginazione. Pure quelle sue definizioni e quelle sue intenzioni vogliono farsi valere; e se difetto è in questo lavoro, è appunto là, dove alcuna cosa penetra di quelle definizioni e di