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semplice, è vero senza ostentazione. La morale ascetica al contrario ha proclamata l’umiltà, e ne ha fatto un ideale religioso: l’umiltà ch’è la nessuna stima di se stesso, che anzi è il disprezzo di sé,- è il sentirsi al disotto degli altri, perché l’uomo cattolico deve attribuire tutto al Creatore, e riferire ogni proprio merito a Dio. Ma, o signori, il privilegio dell’uomo è di poter mirare a fronte alta il cielo, mentre che questa dottrina spacciata dagli ascetici, l’obbliga d’andare a testa china, a mettersi anche in ginocchio, e qualche volta anche a baciare la terra, e raccoglierne la polvere; e tutto ciò, o signori, che uccide la coscienza della dignità umana, è battezzato per merito dalla dottrina ascetica.

La coscienza. E virtù il consultare la propria coscienza, e seguirne in pratica i responsi. Or bene la morale ascetica sostituisce la coscienza del prete alla coscienza propria, l’autorità esterna alla interna, ed alla libera elezione della propria coscienza, vi sostituisce l’ubbidienza passiva. Ed avviene che per l’esercizio assiduo di questa virtù, a poco a poco l’ideale di questa confessione si materializza e diventa pratica di certi atti esterni senza annuenza dello spirito, come avvenne pure dei conventi, che discostandosi dal loro ideale, si materializzarono, sì da eccitare la collera di Dante e di Caterina da Siena. Gli è da questa esagerazione che nacque una brutta parola, la materializzazione, e che consiste nel dare quell’importanza ai fatti esterni, che compete all’intima coscienza. E voi vedete quel che accade nella confessione; che mentre il suo fine è il pentimento, vanno sibbene a pentirsi, ma poi tornano da capo, ridotta com’è ad un fatto puramente materiale. E ciò mi ricorda un motto del Sismondi, che cioè secondo questa dottrina, importa al cristiano non come è vivuto, ma come è morto; e mi rammento quel proverbio italiano che suona: date la gioventù al diavolo, ed il carcame della vecchiezza a Dio. Ma andiamo avanti.

La carità è un sentimento di compassione per chi soffre, sentimento che non è mosso dal desiderio egoistico di guadagnare la salute eterna, ma dall’amore de’ fratelli. In contrapposto della carità voi trovate le indulgenze, la messa ed il culto in generale, e intendo di quel culto che non è compagno della santità interna; perché così anche il brigante si crede d’essere in grazia di Dio per l’amuleto della Madonna che gli pende dal collo; perché così l’esser divoto non sarebbe garenzia di probità, ma del contrario.

Il capitolo del Sismondi finisce con una magnifica descrizione del come si educava allora la gioventù, ed i precetti esposti in essa valgono tuttavia al presente, quando l’Italia c’è, ma non v’ha ancora italiani.

Ora, signori, che cosa è una morale a questo modo che noi abbiamo visto? È una morale d’eunuchi atta a far degenerare un popolo, a se-