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raggiunto invece l’ideale che non poté penetrare nel mondo storico separato da esso; quell’ideale che brilla nei tratti lirici, nei cori, ond’è che tutto il resto rimane senza interesse, e come materiale bruto.
Manzoni si pone a fare il romanzo storico sepellito nelle cronache del XVI secolo, ma non cangia la sua poetica; egli è ostinato a rappresentare il mondo positivo, e si serve dell’arte per illustrare la storia del secolo XVI. Questo concetto, o signori, è stato espresso dallo stesso Manzoni.
Manzoni pubblicò i Promessi Sposi, e che cosa ne venne? Avvenne che ciò che doveva essere mezzo, diventò scopo, e quello che doveva essere scopo diventò un materiale storico.
Egli non si rallegrò quando vide che il mondo cercava il suo romanzo non per leggere la cronaca, ma per ammirare i tipi del Padre Cristofaro e della Lucia, e si armò della critica, richiamò a novello esame il suo romanzo e pubblicò il discorso sul Romanticismo in Italia.
Manzoni ebbe torto quando disse il suo romanzo un giorno essere destinato all’obblio. Come critico egli riprova quello che il pubblico approva, dicendo che il suo romanzo è sbagliato, perché il fine non è raggiunto, e non lo ha raggiunto perché assurdo, perché avendo distinto il reale dall’ideale, mancava d’unità, e perché egli aveva tentato di fonderli ed aveva sbagliato.
Se la storia è stata il suo fine, se la storia è l’idea principale del romanzo, il Manzoni ha ragione; ma se al contrario la storia è semplice materiale senza significato per noi, se quello che era accessorio è principale, allora è evidente, o signori, che Manzoni ha torto.
E quando noi diciamo che Manzoni ha torto come critico, noi rendiamo omaggio al suo merito.
Lezione X. [La «Morale Cattolica» e i «Promessi Sposi»]. — Correzioni al giornale: