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valido agli effetti di una giusta lettura del testo, abbiamo cercato di utilizzarlo nelle nostre correzioni, riferendo di volta in volta tra parentesi la sigla dell’editore a cui eravamo debitori del suggerimento.

Avvertiamo qui che nel testo, per comodità del lettore, abbiamo posto sotto l’indicazione numerica di ciascuna lezione un sottotitolo in parentesi, indicante l’argomento.


        Lezione I. [Il Romanticismo e gli a Inni sacri»]. — Il resoconto di questa lezione fu pubblicato, come s’è detto, oltre che da La Libertà, anche dall’Unità Nazionale, in un articolo a firma di F. F., preceduto da alcune considerazioni generali. Ne riferiamo qui il testo per intero, a titolo di documento.

Io non avevo mai udito il De Sanctis, ma un’antica rimembranza della mia fanciullezza mi durava ancora nella mente. In quella età avevo udito a parlar di lui, giovane, che insegnava a giovani, suoi amici, più che discepoli, che lavorava con essi, e che al culto dell’arte, rifatta dalla sua potente critica, accoppiava il culto della patria, di questa Italia, che ora ci vive dinnanzi, e che allora era un ideale di giovani scolari. Quanta poesia in questa rimembranza!

Si figuri adunque il lettore, con qual animo io sia andato ad udirne la prima lezione! Molti forse ci erano venuti, indotti dallo stesso sentimento; alcuni ancora, memori del De Sanctis di altra volta, di meglio che venti anni fa. Questi ultimi avranno potuto raffrontare il De Sanctis di ieri col De Sanctis del 1848: a me è paruta, che calore e vita il De Sanctis ce ne avesse, quanta poteva averne nei suoi più belli anni; checché egli dica dell’inutile sforzo che ha fatto di ricreare se stesso. La generazione che gli stava attorno, era piuttosto cangiata; ed egli se n’è accorto. La poesia dei sogni e delle speranze era più bella della realtà: l’indefinito sentimento che suscita l’ideale ha più pregio assai della vita, quantunque questa possa essere somigliante al sogno vagheggiato. Il desiderio appagato non vale il tormento soave della speranza; gli ostacoli superati non aguzzano più l’ingegno, mancando la lotta che ingagliardisce e solleva lo spirito. Posto ancora che il De Sanctis sia tornato lo stesso, con tutta la fiducia ch’egli ha di rinnovellare quello stretto e volenteroso drappello, che lo circondava altra volta, noi dubitiamo forte della riuscita. La politica, che allora sospingeva i giovani allo studio delle lettere, nelle quali sole si era ricoverato il santo amor d’Italia, oggidì ne li allontana, e li sparpaglia nelle piazze, nei ritrovi, dove si trova più facile sfogo ai mal concepiti disegni. Quando l’amor d’Italia era un pericolo, esso poteva essere un Ideale: oggidì, ch’è per moltissimi un traffico, può essere soltanto pretesto ad ambizioni premature.