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meglio in grado di udire la prolusione del prof, de Sanctis annunziata per l’una dopo mezzodì. Quella gente dunque era lì raccolta né per politica, né per religione: era la scienza d’un uomo che rendevala commossa ed ansiosa. Ne parve di trovarci in Germania, a Gottinga, a Eidelberga, a Lipsia. Scorgendo le scialbe figure di certi professori a gironzolare fummo tratti dal lieto inganno.

Più tempo passava ed il pubblico sempre più numeroso diveniva. La sala destinata al de Sanctis non era più capace di contenere tanta moltitudine. E qui comincia un’ora di peregrinazioni.

Il professore Settembrini, persuaso di non poter durare così stivati, invitò tutti di seguirlo. E si discese nell’atrio per alla volta della sala di Pepere. E quivi pure non fu possibile rimanere, tanti erano i nuovi intervenuti. Talché il medesimo Settembrini, generoso e volontario Mosè, si diede un’altra volta il fastidio di guidare quelle moltitudini nella sala promessa.

Si andò al refettorio dell’attiguo abolito collegio del Salvatore. E lì fu una invasione, non di barbari per lo scopo, ma per i modi, un tantino. Si salì sui banchi, sulle sedie, sui vani delle finestre, dappertutto. E si era pigiati, si moriva dal caldo; ma porro unum est necessarium: ascoltare il de Sanctis.

Entra il professore. Però non ebbe detto che poche parole, quando nuova calca irrompeva numerosa e cercava farsi strada ad ogni costo. Erano studenti di filosofia, di giurisprudenza, di matematica, di medicina, che, lasciate cattedre e professori, quivi convenivano. Ci fu un po’ di tumulto. Ma valsero alcune parole concilianti del prof. Pierantoni, il più alto tra le persone autorevoli dell’uditorio, perché si tornasse in calma.

E dire che il de Sanctis appartiene all’opposizione parlamentare! E dire che la sua nomina fu tra le più recenti dell’inviso ministro di pubblica istruzione! E con tutto ciò tanta premura, tanto straordinario concorso! C’è da perdere la bussola: i consorti non si sapranno dar pace. Si ruppe l’incanto, la plebe afferra il pontificato de’ patrizii. E come i patrizii romani sarà forza rassegnarsi. Il professore di storia antica, sig. Calvello, dovrà consigliarlo ai proprii colleghi pel loro meglio.


Un esteso ragguaglio del contenuto della lezione (ma meno dettagliato, comunque, di quello del Torraca), fu poi pubblicato nel numero del 31 gennaio dell'Unità Nazionale a firma di F. F. (forse Francesco Fiorentino, allora docente nell’Università di Napoli).

Iniziando il suo insegnamento, il De S. si proponeva come metodo di lavoro quello di uno studio associato con gli studenti,