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III

RITRATTO DI DON ABBONDIO

Il romanzo dei Promessi Sposi è fondato su un ordine di idee religiose e morali che l’Autore vuol tragittare nell’animo dei lettori. Il concetto eroico n’è il sacrifizio delle passioni al dovere, alla fede: concetto rappresentato dal padre Cristoforo e dal Borromeo. L’Autore cerca personaggi atti ad esprimere questa idea, ed avete questo sistema nello splendore dell’ideale nel padre Cristoforo e nel Cardinal Federigo Borromeo. Vi sta poi contrapposto la negazione di ciò in don Rodrigo, l’antagonista di padre Cristoforo, e nell’Innominato, antagonista del Borromeo. Poi c’è tutto questo sistema in caricatura: don Abbondio. Centro di tutto è Lucia, l’idea còlta nella sua purità, nello stato verginale che non ha coscienza di sé.

Don Abbondio è un essere che non è ancora «individuo»: non siamo ancora in un terreno intellettuale. È un personaggio che ha certe forze, certi fini e certi mezzi, è un obietto fisiologico. Noi dovremmo cercare quale la natura lo fece, e qual fu l’indirizzo delle sue azioni. Ma io non lo fo, perché ciò è stato già fatto in modo incomparabile dall’Autore stesso, con tanta evidenza che toglie il volere di farlo ad ogni altro.

Voi tutti conoscerete don Abbondio, ché nessuno v’ha di voi che non abbia letti i Promessi Sposi; conoscerete don Abbondio che chiama saviezza e conoscere il vivere del mondo la pusillanimità. Don Abbondio è ancora l’oggetto che cerchiamo: ancora non siamo nell’arte, poiché il Manzoni lo decompone a forza d’astrazione, e la critica, geniale vera rimane a farsi, di