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330 appendice
Viene il terzo Napoleone: due secoli che duellano, i grandi uomini della rivoluzione ed i grandi uomini della reazione gli si sottomettono. L’ultima immagine è poetica e plastica; Napoleone sta con la calma d’un giudice fra loro.
        Ei si mostrò: due secoli.
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fé silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

Fin qui l’ode è epica. Ma avete mai udito un accompaguamento di violino frammischiarsi ad una musica rimbombante, finché a poco a poco non la superi? Questo Napoleone sparisce, è imprigionato e tradito. Il poeta diviene tenero:

        Ei sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.

L’effetto è nelle semplici parole, nell’ozio «in sì breve sponda», mentre l’universo gli era stato angusto. Poi riprende il tuono epico. Napoleone riman grande nell’immaginazione degli uomini; rimane immensa l’invidia, profonda la pietà, l’odio degli uni è inestinguibile, l’amore degli altri è indomato. La tenerezza si marita con la sublimità.

Qui l’immaginazione del poeta si riposa. Napoleone è finito e rimane ozioso, è costretto a ricordare; l’interesse cambia, ed il poeta cambia tono. Quell’uomo aveva per sogno la monarchia universale e stava per afferrare il suo sogno quando tutto sparisce, e passa al movimento sterile delle rimembranze: è paragonato ad un naufrago che nuota verso prode remote, e riman sommerso dalle acque: