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xv. don abbondio | 297 |
don Abbondio parlasse lui e dicesse: — Vidi, mi stupii, mi spaventai, ecc. — , tutto ciò sarebbe sciocco, perché egli non ha avuto il tempo di pensare, innanzi a lui non v’è altro che l’azione. Ma qui è l’autore che parla e fa da critico, ed il Manzoni è critico a modo suo, e cerca di vedere le impressioni che si succedono nell’animo di don Abbondio. E quando l’autore fa il critico, allora al critico resta di andare più indietro e vedere da che sono prodotti que’ sentimenti, quelle impressioni che l’autore ha notate. Don Abbondio dunque vide e si spaventò, ma nel sentire Renzo che dice: — «Signor curato, in presenza di questi testimonii, quest’è mia moglie» — , s’infuria, e quell’infuriarsi è il dire: — Per Dio! ed i bravi! e don Rodrigo!... — .
Ma se tutto questo finisse qui, il matrimonio si sarebbe fatto; ma è appunto questo pensiero che il matrimonio si faceva, e tutto ciò che la paura gli suggeriva di terribili conseguenze, che gli fa montare il sangue alla testa...; e, miei cari, c’è una osservazione profonda, che non v’è, cioè, uomo più pericoloso dell’uomo che ha paura.
Quando un uomo pauroso è messo, come si dice, con le spalle al muro, è insolente, è feroce, diventa l’espressione di ogni sentimento plebeo. Ebbene don Abbondio oltrepassa appunto quello che un uomo freddo avrebbe fatto; quindi non si contenta di lanciar via tavolo, libri e lucerna, ma afferrato il tappeto, che copriva la tavola, lo gittò sgarbatamente sulla testa di Lucia, e parea che l’affogasse per impedirle di pronunziare intera la formola. E poi si ritira e nel coraggio della sua paura grida: — «Perpetua, tradimento, aiuto!» — . È questo un motivo comico, che mette chiaramente in vista il carattere di don Abbondio.
Ma qui finisce don Abbondio in quanto rappresenta una parte principale; la sua Iliade finisce col capitolo Vili.— Renzo e Lucia vanno lontani; egli si è liberato e scomparisce dall’azione per ricomparire in seguito, quando il Borromeo si ritrova in quei dintorni a far la visita delle parrocchie: ond’è che don Abbondio, senza che se lo pensasse, si trova di nuovo mescolato negli avvenimenti.