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xv. don abbondio 293

Questo capitolo VIII è comico per eccellenza; ma il motivo comico è differente da quello sviluppato finora.

La prima commedia (permettetemi che la chiami così) la prima commedia di don Abbondio è «commedia di carattere», perché tutto quello che avviene deve avvenire come conseguenza, poste quelle tali inclinazioni, posti quei tali caratteri individuali. Il capitolo VIII al contrario è «commedia d’intrigo», perché in esso entra il «caso» o «l’accidente», per il quale il corso ordinario delle cose è cambiato; e l’accidente è macchina finale.

Non intendete però l’intrigo della letteratura antica, dove l’accidente, od il Deus ex machina, sta come fatto straordinario capace di svegliar la maraviglia degli spettatori, e tener desta così la loro attenzione; ond’è che quegli scrittori abusavano dell’intrigo per quel fine. Era quella la commedia delle balie e de’ ragazzi.

Venne poscia come reazione a quella la commedia di carattere, ch’è il mondo spiegato non come effetto dell’accidente, ma come conseguenza immediata dello sviluppo delle passioni umane. Ed il Molière va nella schiera degli autori di questa scuola. Ed il progresso fatto da questa commedia si è che gli eventi si spiegano non con l’intervento del caso, ma come vi diceva, quale effetto delle passioni umane.

Il XIX secolo è reazione anche in certo senso della commedia di carattere, perché i lavori de’ moderni scrittori tendono a conciliare l’una e l’altra forma. Ed è vero, o signori, che ne’ fatti umani c’è spesso l’accidente che dá un indirizzo differente alle passioni, ond’è che da esso il corso ordinario delle cose è cambiato.

In Germania, in conformità della tendenza del secolo, ed anche come reazione, sono giunti a creare tutto un mondo fantastico, come in Goethe.

Ma gl’italiani non furono buoni a giungere fino ad esso, perché il nostro cielo è troppo puro per attingere quelle nebulosità. E se avverrá che l’italiano afferri il fantastico, tanto meglio. Ma ora invece del fantastico, nella letteratura italiana