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284 lezioni
Questa parola «niente» è caratteristica di quegli uomini, che hanno voglia di dir molto ma che per prudenza non vogliono parlare, e dicono:— Niente!— , ma chi lo dice sta già per palesare tutto. In lui ci è la natura che lo spinge a parlare, e la prudenza che gli ordina il silenzio; ma dopo un’insistenza di Perpetua egli ripete: — «Quando dico niente, o è niente, o è cosa che non posso dire» — .

        Perpetua che sente «o è cosa che non posso dire», si mette «ritta dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi e le gomita appuntate», e dice:— «Vuol ella dunque ch’io sia costretta di domandare qua e là che cosa sia accaduto al mio padrone?» — .

Non c’era niente di più sicuro per far saltar don Abbondio dal seggiolone, che il sentire la nuova portata in giro, e grida: — «Per amor del cielo! non mi fate pettegolezzi, non mi fate schiamazzi: ne va... ne va la vita!» — .

Giunta a questo punto la scena diventa volgare, e però l’autore non la compisce, ma ne accenna la fine dicendo:


        Fatto sta che don Abbondio aveva forse tanta voglia di scaricarsi del suo doloroso segreto, quanta Perpetua ne avesse di conoscerlo: onde dopo aver rispinti sempre più debolmente i nuovi e più incalzanti assalti di lei, dopo averle fatto più d’una volta giurare che non fiaterebbe, finalmente, con molte sospensioni, con molti ohimè!, le narrò il miserabile caso.


        Non so se vi ha fatta impressione questa forma epica, quando l’autore dice: «con molti ohimè!, le narrò il miserabile caso», come se avesse narrato l’eccidio di Troia. E veramente per don Abbondio era stata quella la sua Iliade, e quando racconta il fatto a Perpetua lo dice poeticamente, come sta nella sua immaginazione esaltata.

A questo punto scoppia il contrasto tra i due caratteri, il carattere violento di Perpetua ed il pauroso di don Abbondio. — «Oh che birbone!» esclama Perpetua, «oh che soperchiante! oh che uomo senza il timor di Dio!» — . E don Abbondio: — «Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?» — .