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che dice: — Tu mi capisci — , o — Noi c’intendiamo — . Questa parola d’intelligenza fa vedere che il bravo è già padrone della volontà di don Abbondio, è la parola che si rivolge ad una vittima. Quindi comprendete che il bravo non ha più bisogno di minacciare e però dice: — «Via, che vuol ella che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?» — .

— «Il mio rispetto...» — , risponde don Abbondio. E qui per istinto egli cerca di contentare i bravi, ma cerca una frase che non lo comprometta diversamente; onde il bravo ripiglia: — «Si spieghi, signor curato» — .

— «Disposto... disposto sempre alla ubbidienza» — . E così in questa meraviglia di dialogo vedete don Abbondio domato dalle impressioni esterne, che finisce per mettersi in mano a’ bravi. Qui il dialogo finisce; i bravi se ne vanno e don Abbondio prende la strada che portava a casa sua, «mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che gli parevano ingranchite».

Mentre don Abbondio se ne toma con le gambe ingranchite a casa sua, l’autore usa l’intermezzo per aprire una digressione, e facendo una corsa storica in quei tempi, vi spiega don Abbondio.

Nelle tre pagine dunque che l’autore impiega per fare questa digressione, egli dà il colorito storico al suo personaggio, per dirvi che il suo è un prodotto reale e non dell’immaginazione. Veramente dimanderei: — Che cosa importa se il suo è un prodotto storico o della fantasia? — . Ma l’autore mette quel finimento storico, dà al suo personaggio il paese, i pregiudizii, la sua classe, tutto ciò insomma che nella scuola moderna si chiama il «realismo». In quella [digressione] dunque vi è l’essenza di don Abbondio, ma tutto ciò poteva esserci e non esserci, ché il don Abbondio è stato giá dall’autore meravigliosamente abbozzato fin da che avvenne il dialogo con i bravi.

Diciamo per altro che quella digressione è bella, ma il dramma richiama la nostra attenzione, e però torniamo a don Abbondio. Questo se ne tornava dunque soletto, la paura in lui è cessata, e con essa il fenomeno psicologico.

Io vi ho detto che la differenza fra l’uomo coraggioso e l’uomo timido è che il primo ha la reazione contro le impres-