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xiv. don abbondio | 277 |
E qual’è, o signori, la forma estetica della paura?
Nell’uomo, c’è una «forza di reazione» contro le impressioni esterne; forza di reazione che risiede nell’uomo «forte», il quale in mezzo alle impressioni violente sa far valere la volontà propria e raggiungere il suo fine. Questo è ciò che si chiama «essere uomo»; egli dice: — Questo voglio — , e si afferma.
Quando poi l’uomo è «pauroso», quella forza di reazione è debolissima in lui: di rincontro alle impressioni esterne la sua volontà scomparisce, ed egli rimane come debole canna in preda alla violenza di esse. Che anzi giungendo queste all’immaginazione, una specie di musa della paura agita la fantasia, la quale si raffigura cose inesistenti; si mescolano così pericoli reali con pericoli immaginarii, ed allora le altre facoltà tacciono, l’intelligenza si oscura, la volontà scompare, e rimane l’uomo con la sola immaginazione di fronte alla violenza. Ecco il fenomeno psicologico: ed ora vedremo qual è il carattere esterno di quel fenomeno. L’uomo che ha coraggio mantiene in mezzo alle impressioni quello che si dice il suo sangue freddo; e l’uomo che non ha coraggio sottogiace ad esse, perde quasi la sua personalità, e smarrisce la calma. Per un esempio dell’uomo coraggioso, voi ricordate un motto di Napoleone, quando Canova gli dimandava: — Come volete essere dipinto? — . Egli rispose: — Dipingetemi calmo sopra un cavallo sfrenato — . Vedete per contrario don Abbondio sulla mula, ch’era un agnello, al dire dell’aiutante di camera del Borromeo, quand’egli tornava dal castello dell’Innominato, dove la strada era delle volte sur un rialto, o sur un ciglione, donde don Abbondio «vedeva sotto di sé, quasi a perpendicolo, un salto, o come egli pensava, un precipizio». E notate che «il come egli pensava» vi dice già che la paura gl’ingigantiva la realtà e gli faceva considerare precipizio quello che era un salto. La mula dunque, «secondo il costume de’ pari suoi, pareva che facesse per dispetto a tener sempre dalla parte di fuori, e a metter proprio le zampe sul margine»; e don Abbondio tirava stizzosamente la briglia dal-