Quando Renzo va con Tonio e Gervaso all’osteria per preparare la sorpresa da farsi a don Abbondio, vi trova i bravi che vi stavano per fine opposto, per preparare la sorpresa a Lucia e ad Agnese. Il povero oste si trova in mezzo. Renzo vede quei visacci e gli domanda: — «Chi sono quei forestieri?» — . L’oste risponde: — «Non li conosco» (e invece li conosce), pensate a mangiare le polpette — . Dopo gli si accosta un bravo e gli dice:— «Chi sono quei galantuomini? — Buona gente qui del paese» — . Il bravo insiste e quegli fa in poche parole la storia di quei tre, a cui avea pur detto che non si curava del nome delle persone. Manzoni si arresta e fa una breve osservazione: pare che l’oste il quale «in tutti i suoi discorsi faceva professione d’essere molto amico dei galantuomini in generale,... in atto pratico usava molto maggior compiacenza con quelli che avessero riputazione o sembianza di birboni». Evidentemente il bravo avea aspetto di birbone e Renzo di bravo giovane. Era, aggiunge il poeta, «un uomo d’un carattere ben singolare». Scorgete l’ironia di questo passo: comunemente avviene appunto così, un uomo ordinario che ha paura è in generale più ossequioso verso quelli che più gli fanno paura. Così la situazione di don Abbondio è generale agli altri personaggi del gruppo intermedio.
Avete veduto la magnifica messa in iscena. Don Abbondio recitando l’ufficio, gettando via i ciottoli co’ piedi, guardando oziosamente intorno, vi appare come un uomo nato per essere tranquillo, per vivere e lasciar vivere. Di lui non sapete altro, ma ecco che subito, in due parole, vi si presenta tutto ciò che è di fondamentale in questo comico non ancora analizzato.
Chi ha la forza, dice il proverbio, ha ragione. Io non ho potuto mai leggere senza ribrezzo i proverbii del Giusti, non perché questi non fosse benemerito per averli raccolti, ma perché vi sono proverbii che mostrano a quanta degradazione sia giunto il popolo fiorentino già così grande. Anche il popolo napoletano ha proverbii di questo genere: come «chi si intriga resta intrigato», che è «il comprarsi le brighe a contanti» di don Abbondio.