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xiii. don abbondio 269
Eccovi un altro tratto. Supponete che in una piccola città sieno di guarnigione soldati che non avendo che fare si mettano a inquietare le giovanette, vadano nei campi a devastarli per divertirsi, e in autunno per cogliere le uve. Considerando questi fatti nel mondo reale, in una data città, sono orribili. Una famiglia, in cui un soldato si permettesse quelle cose, uscirebbe dai gangheri; un povero contadino che dopo aver tanto lavorato nella sua vigna vedesse i soldati guastarla, che furore sentirebbe! Se l’autore volesse rappresentare questi fatti colle impressioni contemporanee, si metterebbe egli all’unisono col mondo degli spettatori e dei lettori, o in dissonanza? Il fatto in astratto è doloroso. Ma sventuratamente nel mondo avvengono fatti che, se per la prima volta destano l’indignazione, ripetuti, a lungo andare, diventano ordinarii e fin ci si vive. Così è di questo. Volendo rappresentarlo secondo la prima impressione, sarebbe mettersi in contraddizione coi lettori. Manzoni che pensa a loro, ricorre in questo caso al comico, all’ironia, e vi dice: quel borgo avea «il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnuoli, che insegnavano la modestia alle fanciulle e alle donne del paese». Ne sorride come d’uno di quei fatti ordinarii che avvengono senza indignarci. «E nel finire della state non mancavano mai di spandersi nelle vigne, per diradare le uve, e alleggerire ai contadini le fatiche della vendemmia». Questo presentare ironicamente quasi come benefizio un fatto per lo meno strano, è ciò che ho detto rappresentare le cose non secondo il bene o il male che è in esse, ma secondo il mondo de’ lettori.

        Un altro momento simile è quando essendosi Lucia persuasa di andare a sorprendere don Abbondio, avviene quella baraonda che sapete. Don Abbondio per natura timido, là per paura diventa coraggioso, strappa dalla tavola il tappeto gettando tutto per aria, ne avviluppa Lucia, e grida: — «Tradimento, aiuto!» — . Il poeta si arresta e fa questa osservazione: — Renzo sembra l’oppressore, don Abbondio la vittima, eppure in realtà è il contrario, era Renzo l’oppresso e don Abbondio gli faceva torto — . Questo fatto vi muove a sdegno; perché niente