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xiii. don abbondio 267

zione, se alzasse troppo il tono, e forzasse troppo il gesto, accumulasse troppo i fatti, le passioni portasse fino allo strazio, all’orrore; è evidente che la disuguaglianza naturale tra la scena e la platea diventerebbe dissonanza. In questo caso voi reagite, perché sentite le vostre passioni diverse da quelle degli attori. L’arte del poeta è nel creare una temperatura media tra attori e spettatori, o, nel caso nostro, tra un mondo romanzesco e il mondo de’ lettoli. Come si fa? Riducendo le passioni, le impressioni, i sentimenti, le azioni che voglionsi rappresentare, a proporzioni che sieno accessibili allo spettatore, sì che a poco a poco ei si trovi innalzato a quel punto, si senta rapire in quella regione ove sono gli attori, e creda, e finisca col piangere.

Questo è il carattere proprio della produzione di Manzoni. Egli vive in mezzo al mondo che crea, e infatti nessuno può creare se in quel momento non vive nella sua creazione. Ma non vi si confonde, al contrario tiene a rimanerne staccato, a metterselo dirimpetto come cosa differente, ad introdurvi le impressioni personali, a spiegare e criticare, a mettere anche in ridicolo i suoi personaggi, anche il padre Cristoforo. Se vede qualche cosa che dà presa al comico, alle osservazioni, pianta il personaggio, entra lui in mezzo. Come in que’ teatrini da burattini ove tra Pulcinella e Colombina comparisce la testa di chi spiega i loro gesti, Manzoni fa capolino e fa un’osservazione che ti toglie a quella rappresentazione, e riduce quel mondo in proporzioni più consentanee allo stato degli spettatori. Mi spiegherò con qualche esempio.

Ricordate quando Lucia non vuol consentire che si faccia il suo matrimonio sorprendendo il parroco, perché capisce che non sta bene. — «Se è cosa che non istá bene, non bisogna farla» — ella dice. Ed Agnese vuol persuaderla, dicendole: — «È come lasciar andare un pugno a un cristiano. Non istà bene; ma dato che gliel abbiate, non glielo può tor via né anche il papa» — . È una di quelle forme comiche di cui Manzoni è maestro. Lucia esita, Renzo si accende e comincia a dire: — So io che ho da fare, la finirò io; dovunque si trovi, anche nell’inferno, saprò io coglierlo — . Le due donne si atterriscono,