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Lezione XII
[LA FORMA DEI «PROMESSI SPOSI»]
La posizione di Manzoni dirimpetto alla sua concezione, l’abbiam veduta. Egli non è né il poeta dell’entusiasmo, né il poeta della disillusione: l’ideale che si presenta innanzi a lui, non è l’ideale non ancora provato nelle contraddizioni della vita e perciò capace di destare le più grandi illusioni; né l’ideale di fresco calato nella vita, profanato da essa e capace di destare i più grandi disinganni. Anzi dirimpetto a quella contraddizione egli non sente maraviglia, e cerca di comprenderla, e quindi il suo sguardo è accompagnato da quel risolino, proprio di Manzoni, che significa: io ti conosco.
Fissato questo carattere ironico della forma manzoniana, se ne cava una prima tendenza nel suo lavoro di formazione. In generale, i poeti idealisti, quelli cioè che lavorano intorno a un ideale, hanno tendenza a spiritualizzare il fatto materiale abbozzandone leggermente i contorni, a sprigionare l’ideale e farne sentire la presenza, mettendo in rilievo le impressioni e i sentimenti che esso genera. Manzoni invece ha tendenza a nascondere l’ideale, a calarlo nella realtà, nel fatto concreto, e a dargli un’apparenza talmente storica, esternamente, che voi possiate dire; — Ciò non è verosimile, ma è avvenuto; non è poesia, ma storia — .
È questo già un carattere della forma di Manzoni, che lo stacca in modo rilevante da tutta la poesia italiana antecedente. A me sembra che prima di Manzoni i grandi poeti italiani, com-