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xi. la concezione dei «promessi sposi» 255

lo guarda come oggetto, cioè come mondo già realizzato, esso perde l’illimitato dell’ideale e acquista il limite delle condizioni storiche in cui è. Cosi ’ capite la differenza tra il poeta subbiettivo e l’obbiettivo, per dirla alla tedesca. Il primo vede 11 mondo come concetto della propria mente e giunge a farsene un trastullo, giunge sino all’umorismo. Il secondo lo considera come oggetto, e con rispetto, perché lo vede reale: allora viene la misura, l’ideale è compreso e realizzato. Poiché Manzoni ha un sentimento ironico del suo mondo, e l’attua perché ha la misura dell’ideale, il carattere della forma sarà la rappresentazione obbiettiva, cioè il mondo plastico veduto dal di fuori.

Così diciamo obbiettiva l’esposizione di Omero, perché ci è il mondo greco, fanciullo, tutto al di fuori. Virgilio comincia ad essere poeta subbiettivo, perché accanto al mondo di fuori spunta qualche altro sentimento, clic qua e là, in certe frasi, si rivela. Il più grande poeta obbiettivo dell’Italia è Ludovico Ariosto, il più grande della Germania è Goethe. Le forme di arte più perfette sono le obbiettive; più l’artista rimane nel limite, nelle prime impressioni, e più ci è freschezza.

Ma quella di Manzoni, rappresentazione obbiettiva, è poi quella di Omero e di Ariosto, è puramente l’oggetto, o vi si aggiunge qualche carattere speciale? Sì, Manzoni ha una seconda impressione, è in istato di riflessione; non si contenta di rappresentare i personaggi, li spiega, come fa per esempio di don Abbondio. È critico prima di essere artista, ed è perciò intrinsecamente poeta moderno. La rappresentazione obbiettiva del suo mondo è penetrata dall’intelligenza di esso; c’è una potenza straordinaria di analisi. Egli non prende un carattere che prima non l’abbia veduto come critico sotto tutte le sue facce, e la vivacità della rappresentazione viene dal profondo sguardo di analisi, tradotto plasticamente con gran potenza: analizzando egli crea.

Ricapitolando: Manzoni ha un sentimento ironico del suo mondo, che produce una misura del suo ideale, la quale ha per risultato una rappresentazione analitica e plastica.

        [Nel Pungolo, 3-4 maggio 1872].