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xi. la concezione dei «promessi sposi» 249

che inviluppa l’immagine e fa pensare a sensi reconditi a cui l’immaginazione non può giungere. In Dante questa parte difettosa è maggiore che in Manzoni; là il mondo intenzionale penetra dappertutto, qui solo come appendici, e tagliando queste, il mondo artistico rimane salvo.

Un altro esempio. Ci fu un gran poeta che ebbe le stesse intenzioni di Manzoni e si trovò quasi nelle medesime condizioni. Torquato Tasso fu il poeta della reazione del Concilio di Trento dopo il gran movimento del Rinascimento, come Manzoni è il poeta della reazione del secolo XIX contro la Rivoluzione francese e il secolo XVIII. Entrambi hanno avuto come fondamento della poesia la restituzione del mondo cattolico nella sua integrità, han voluto tutti e due resistere al fantastico illimitato dei tempi precedenti con un mondo positivo. Dirimpetto allo sfrenato mondo ariostesco, pone Tasso un mondo storico, le Crociate; contro gli slanci politici di Alfieri e degli altri del secolo XVIII, pone Manzoni la serietà di un mondo positivo. Quale è la differenza?

Tasso, volendo creare un mondo positivo religioso dirimpetto al cavalleresco dell’Ariosto, produce un mondo cavalleresco e idillico. E quando vede la Gerusalemme Liberata ammirata dai contemporanei solo per la parte romanzesca e inventata, e gli eroi del popolo essere Armida, Erminia, Clorinda, si ribella contro il suo poema, ed ha l’anima di rifarlo non nella corteccia, ma nell’organismo, dandoci un nuovo poema ch’egli chiama la vera, e i posteri giudicano la falsa Gerusalemme, dove la parte artistica è uccisa per la sovrabbondanza della parte storica, e la prima e bella sua creazione è profanata.

Manzoni volea fare un mondo storico, e tirato dal sentimento dell’arte ne ha prodotto uno puramente artistico; ma non ha avuto l’animo di rifare la sua creatura. La ritocca nelle parti esterne, togliendo qualche lombardismo, aggiungendo qualche toscanismo, e facendo male, secondo me, perché questi lavori sovrapposti, aggiunti, guastano la primitiva creazione. Ma non rifà, e solamente col Discorso sul romanzo storico respinge da sé il suo figlio, il quale ancorché bello, non è quale lo volea il padre.