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i. il mondo epico-lirico di manzoni 17

poesia non è lì, e che lì è la cornice e non il quadro. La cornice è una illuminazione artistica di metafore, di apostrofi, di concetti biblici, una bell’opera d’immaginazione, da cui non esce un serio sentimento del divino. Il quadro è la storia di un genio rifatta dal genio. E l’interesse non è nella cornice, è nel quadro.

Dopo un magnifico preludio a grande orchestra che t’introduce di balzo nelle più elevate regioni dell’arte, ingrandendo le proporzioni di là dal vero, che pur pajono naturali in tanta e così subita concitazione di fantasia, viene la storia dell’Eroe in nove strofe, di cui ciascuna per la vastità della prospettiva è un piccolo mondo, e te ne giunge una impressione come da una piramide. A ciascuna strofa la statua muta di prospetto, ed è sempre colossale. L’occhio profondo e rapido dell’ispirazione divora gli spazii, aggruppa gli anni, fonde gli avvenimenti, ti dà l’illusione dell’infinito. Le proporzioni ti si allargano per un lavoro tutto di prospettiva nella maggior chiarezza e semplicità dell’espressione. Le immagini, le impressioni, i sentimenti, le forme, tra quella vastità di orizzonti, ingrandiscono anche loro, acquistano audacia di colori e di dimensioni. Trovi condensata in tratti epici, in antitesi gigantesche, in raffronti inaspettati, in sintesi originali, la vita del grande uomo. Ti è innanzi nelle sue azioni di guerra, nella sua intimità, nelle sue vicissitudini, nella sua potenza, nella sua caduta, nelle sue memorie, possente lavoro di concentrazione, dove precipitano gli avvenimenti e i secoli come incalzati e attratti da una forza superiore in quegli sdruccioli impazienti, accavallantisi, appena frenati dalle rime. Qui è la grandezza monumentale di questa poesia.

Tale è questo mondo epico-lirico, sbucciato tra le maggiori violenze della reazione, purificato e sublimato dal Manzoni, riconciliato col mondo moderno, penetrato delle impressioni e delle tendenze contemporanee, contenuto romantico in forma classica, ispirato più dalla Bibbia che dal Medio Evo, dove l’ideale più inaccessibile all’immaginazione par fuori con una precisione ed evidenza di contorni, con una misura di sentimenti, con un senso del terrestre così intimo e pregno di affetto, che rivelano nel giovine idealista la più viva e profonda coscienza del reale, uno

2 — De Sanctis, Manzoni.