Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/213


viii. storia e ideale nell’«adelchi» 207

gnosi e gli altri storici, dopo avere accettato il fatto come concepivanlo Troya e Savigny, con le tendenze favorevoli al papato, era in idea e in fatto con la reazione. Ma quanto alle passioni e ai sentimenti, non può risolversi in mezzo a quell’effervescenza che, come vi dissi, era allora in Italia, a cancellare l’impronta della nazionalità, a fare una tragedia che fosse negazione del sentimento nazionale. Perciò, senza piegare da una parte o dall’altra, intende fare una tragedia puramente storica, nel senso di considerare freddamente quello che avvenne, come e perché, senza domandarsi né i risultati di quei grandi fatti, né l’idea che loro ha dato vita, ma riguardandoli come puro materiale storico drammatizzato. Ebbene, in questi limiti ha ottenuto le lodi de’ suoi amici che già conoscete, Goethe e Fauriel. Goethe, come vedemmo, lodò il Conte di Carmagnola, e loda anche l’Adelchi. Ma quale differenza ci è tra queste lodi? Nel Carmagnola egli encomia l’armonia intellettuale che è nelle parti; se rammentate, esamina la distribuzione delle scene, la delineazione de’ caratteri, e mostra quanto è l’accordo del disegno. Loda l’architetto del lavoro, perché non ci è il poeta, ma il grande architetto.

Quando Goethe e Fauriel esaminano l’Adelchi, lodano invece in Manzoni la forza che ha mostrata coll’aver saputo detronizzare l’ideale tragico, strappare dal piedistallo gli eroi e trasformarli in uomini reali, nell’aver preso quelle persone che i tragici classici facevano dii ed eroi, ed averle considerate come un complesso di bene e di male, di vizii e di virtù, quali sono gli uomini in generale. Goethe nota che Carlomagno, per esempio, ha perduto le proporzioni colossali che gli davano gli storici, e si presenta come un uomo qualunque, naturale, un misto appunto di bene e di male. Egli, che dovrebbe rappresentare l’uomo invaso da sentimento religioso e il grande imperatore, si vede lottare con piccole passioni, è ambizioso, calcolatore, generoso a buon mercato, cioè quando gli torna conto; stima la virtù, ma parteggia col vizio, non esita a corrompere i generali e i duchi di Desiderio, è un tipo cristiano impastato di Machiavelli. Desiderio non è più l’ideale del barbaro, ci tro-