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iv. il «cinque maggio» | 145 |
dinario delle vicissitudini storiche. C’è la sola corda del maraviglioso.
In che modo questa ispirazione vera ha fatto suonare quella corda? Come il poeta ne ha saputo cavare gli effetti del maraviglioso? Entriamo ora in particolari di pura forma, per intendere gli effetti estetici del poema.
La parola, la quale deve produrre gli effetti del maraviglioso, finché riman nella regione delle idee o dei concetti, può riuscire, perché le basta un pensiero che vi rappresenti innanzi qualcosa d’infinito, per attingere il suo scopo. Quando Manzoni ci dice :
Ai lieti campi, al premio Che i desiderii avanza, Ov’è silenzio e tenebre La gloria che passò, |
Avete qui un concetto sublime; ma se il Cinque Maggio fosse così cucito di concetti sublimi, sarebbe una storpiatura. Manzoni non ricorre a questo mezzo facile del sublime che verso l’ultimo, quando sparisce l’uomo e comparisce Dio, Dio che è l’espressione estetica del concetto del sublime. Nel resto dell’ode il poeta non ricorre punto a simili concetti.
Qui sta la principale differenza tra l’ode italiana e quella di Lamartine, di Béranger, di Victor Hugo. Ivi il poeta a proposito di Napoleone esprime i suoi sentimenti, le sue aspirazioni, corre appresso a’ concetti; qui il poeta sparisce, avete innanzi la realtà storica nei suoi momenti successivi; perciò là domina il carattere lirico, questa del Manzoni è strettamente produzione epica.
Rinunziando a questo sublime di concetti, e pure volendo innalzare l’immaginazione nella regione dell’infinito, la parola è insufficiente, rimane al disotto rispetto alla pittura, quando
10 — De Sanctis, Manzoni. |