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iv. il «cinque maggio» 143

tutta questa storia umana, ed all’ultimo si manifesta in modo cosí commovente:

Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò;

lo sentite voi in tutte le parti di questa poesia? Il sostrato religioso penetra tutto l’insieme?

Io vi domando se dopo letta la poesia sentite quel profondo raccoglimento che si prova leggendo Giobbe o il Bossuet o i grandi scrittori cristiani. No; che sentite? Quali impressioni avete leggendo il Cinque Maggio? Voi sentite quella grande realtà, Napoleone.
È il caso di cui vi ho parlato altre volte. Non sempre quello che il poeta vuol fare lo fa. Egli ha voluto formare un’epopea cristiana, la storia del mondo penetrata dalla storia di Dio, e tutto ciò si riduce ad una semplice macchinetta poetica, e ve ne accorgete solo all’ultimo, quando viene la mano divina a prendere Napoleone e ad avviarlo
Ai campi eterni, al premio
Che i desiderii avanza.

Lì comparisce il Deus ex machina: tutto il resto è la realtà che l’autore ha sentita e rappresentata.
Così sempre avviene all’uomo di genio.
Il pedante, quando si ha formato un involucro nella sua testa, vi rimane; su lui non opera la grande fecondatrice degli ingegni, la realtà. Manzoni si trova sotto l’impressione vera, contemporanea, è ispirato da essa; quindi, mentre vuol fare la storia di Dio, che gli esce? La leggenda di Napoleone; gli esce Napoleone non com’era concepito dalle persone adulte, intelligenti, colte, ma come [era] concepito dalle moltitudini, dal popolo.

Napoleone è uno dei personaggi piú complessi che ci presenti la storia. Ci è in lui il lato poetico, perché egli amava la Fran-