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iii. Ermengarda | 131 |
Abbiam perduto di vista Ermengarda: ella è in monastero e prega Dio. Quando ricomparisce?
Il modo di riportarla in iscena mostra già un non comune sentimento poetico. Quando la catastrofe è succeduta, dopo quei grandi avvenimenti, passate oltre: tra le grida di gioia dei vincitori, tra i lamenti dei vinti, guardate, e in fine che comparisce? Un convento! Ermengarda, innocente cagione di que’ fatti, è sul suo letto di morte, le suore le stanno intorno, pregano Dio per l’anima sua. Si ottiene qui un grande effetto poetico senza sforzo, col collocare bene in questo momento tale scena, che se la catastrofe non fosse ancora cominciata, sarebbe inutile. Ma qui, dopo tante lotte, tanti avvenimenti, far terminare la tragedia come la vita del Medio Evo, in un convento, con sovrapporre l’ideale cristiano alla terra, è di grande efficacia. Ricorda il vanitas vanitatum et omnia vanitas. Che cosa sono que’ grandi fatti accaduti? Polvere ed ombra: il momento più interessante della vita è la morte; allora l’anima si stacca dalla terra e sen va alla vera vita. C’è il concetto tragico cristiano, il sentimento dell’altro mondo sovrapposto a tanti fatti che hanno destato in voi interesse, e vi innalza in una regione superiore, nella regione dell’infinito.
Che diviene Ermengarda in quel momento? (perché in questa tragedia storica ci è la tragedia di Ermengarda). Ha una vita tanto possente questa donna, che ella sola mantiene l’interesse innanzi a così grandi avvenimenti. Ella finisce i suoi giorni