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iii. Ermengarda 129

        Ecco le prime parole di Ermengarda, che vi rivelano il poeta: è la prima messa in iscena, la prima comparsa del personaggio. E notate «quel dì» due volte ripetuto, e il non osar nominare il padre e il fratello, e il dire alla madre:

— E benedici i cari tuoi, che accolta
Hanno così questa reietta — .

Il padre, uomo grossolano, uomo del Medio Evo, tutto passioni, cui sfuggono le delicate gradazioni delle parole di Ermengarda, dovrebbe capire quante angosce, quanto pudore sono in quell’anima, e non tentarla. Ma egli grida vendetta, e le gitta una frase brutale, a bruciapelo:

                                        — Quel vile,
Tu l’ameresti ancor? —

Egli non ammette che Ermengarda abbia più amore per colui che l’ha ripudiata.

Vedete ora il carattere muto di questa donna:

                                             — Padre, nel fondo
Di questo cor che vai cercando? Ah! nulla
Uscir ne può che ti rallegri: io stessa
Temo d’interrogarlo... —

La donna si chiude nel suo pudore, non osa rivelare, nemmeno a se stessa, quello che sente. La scena dunque finisce qui, quando Ermengarda dice: — Lasciatemi andare in un convento, a morirvi in pace — ? Ebbene, la scena si rialza mediante uno di quei tratti generosi che voi non potete aspettarvi da Desiderio, ma da Adelchi. Questi, anima più delicata, sente tutto quello che c’è di crudele nelle parole di Ermengarda, quando dice: — Lontana dal mondo io voglio morire — .

Adelchi la interrompe subito:

                                                  — Al vento
Questo presagio: tu vivrai: non diede
Cosí la vita de’ migliori il cielo
All’arbitrio de’ rei — .
9 — De Sanctis, Manzoni.