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interiore: e va a chiudersi in un monastero. Ecco la situazione.

Può essere un personaggio pieno di espansione, e dir quello che sente dei suoi patimenti, raccontare le memorie della sua vita? Niente di tutto questo.

La donna è espansiva con la madre, con la sorella: 11 il suo cuore non ha più segreti, può dir cose che arrossirebbe di svelare innanzi a un uomo. È anche espansiva nei primi giorni poetici in cui ha innanzi il suo fidanzato, giorni inenarrabili in cui due anime si abbracciano, combaciano come una medesima persona.

Ermengarda va alla casa patema e non vi trova la madre, non la sorella che è chiusa in un monastero; ha innanzi il padre, uomo di passioni come io ve l’ho descritto, e il fratello. Viene la prima scena: permettetemi che io ve la disegni con attenzione, perché è delle più belle, forse la più bella della tragedia.

Ermengarda entra muta, smarrita, legge o le par di leggere negli occhi di tutti la sua vergogna. Il padre le volge parole soavi, il fratello cerca confortarla, un sentimento nuovo si fa strada in lei, e pensa: — Dunque non sono reietta da mio padre, dunque ho ancora la casa patema? — . Allora sorge il bisogno di espansione. E in qual modo la giovane espande l’animo suo? Non parla al padre o al fratello, si mette sotto la protezione della madre che è in cielo: le prime sue parole son rivolte alla madre, la quale l’avea adorna con le sue mani quando andò a nozze, le avea reciso il crine, com’era il costume di quei tempi.

— O madre mia, ella dice,

                                                      .... oh vedi:
Quella Ermengarda tua, che di tua mano
Adornavi quel dí, con tanta gioia,
Con tanta pièta, a cui tu stessa il crine
Recidesti quel dí, vedi qual torna!
E benedici i cari tuoi, che accolta
Hanno cosí questa reietta — .