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i. il romanticismo e gli «inni sacri» 107

E a Te, beata, della sua immortale
Alma gli affanni espone.


        Sentite il reale, sentite il terreno mostrarsi nella pienezza della fede verso quel soprannaturale descritto innanzi. Ci può essere di più vero di questi versi:


      Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, le ciglia,
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a Cui somiglia?

        Ecco la parte viva degl’Inni. Quando il poeta vuol gettarsi nel soprannaturale, comparisce oratorio, retorico; quando si accosta alla terra, le sue forme sono semplici ed eloquenti. Cavate già l’indizio che quest’uomo non è nato per rappresentare l’ideale come concetto dell’intelletto; quando troverà un campo determinato, svilupperà la sua potenza.

        Negl’Inni trovate appena qualcosa di ciò che sarà quando scenderà in terra: mettete questo mondo accanto ad Ermengarda, a Napoleone morente, ai Promessi Sposi, e comprenderete che la forma semplice, moderna, la troverà quando avrà occasione di accostarsi alla realtà.

        Terminata questa parte dello studio, dovrei cercare qualche frase per farmi applaudire, ma io parlo alla buona, senz’effetto. Solo vi dico, poiché si fa oggi molto uso della parola «positivo», che noi dobbiamo in modo veramente positivo studiare.


        [Ne La Libertà del 31 gennaio 1872].