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la confessione 209

parlavano del dramma di Ouchy e dicevano che solo l’ultima lettera della contessa d’Arda poteva rischiararlo, confondendo i rei se non annunziava l’imminente suicidio, salvando gli innocenti se confessava l’estremo proposito; non era possibile che, alla lunga, suor Anna non avesse notizia dell’ansiosa aspettazione e non sentisse il dovere di consegnare il documento alla giustizia.

Aspettando, il Ferpierre non poteva occuparsi di altro che del dramma misterioso e dei suoi attori. Dopo aver conosciuto la vita dei due Russi egli non negava i lati buoni di quelle anime, ma la bontà restava offuscata e menomata dalla durezza, dalla violenza, dalla tenebrosa ferocia. Forse, trattati altrimenti, posti in migliori condizioni di vita, essi sarebbero divenuti migliori? Ma l’umile, il devoto, il supplice amore della contessa Fiorenza non era valso a redimere Zakunine; e pensando al martirio della infelice, il giudice bandiva ogni indulgenza, riconosceva che quel violento, come aveva voluto la mortificazione della mite creatura, così aveva potuto volerne anche la morte.

Quanto alla nihilista, la sua vita non era piena d’atrocità; anzi la durezza della sorte che la lasciava sola a vent’anni, il coraggio col quale lottava contro le difficoltà dell’esistenza, e l’ardore degli studii e l’altezza della mente deponevano in favor suo; ma il giudice non perdonava a una donna, a una fanciulla, il sanguinoso ideale della