Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/182

170 spasimo

cassato l’omero. Battutosi in duello per una quistione turpe e non riconciliatosi con l’avversario, lo aveva più tardi salvato dalla morte, a rischio della propria vita, eroicamente.

Era stato impossibile, fino a diciotto anni, fargli apprendere nulla, persuaderlo ad ascoltare una sola lezione; confuso una volta da una donna, da una fanciulla, che gli parlava francese credendolo pratico di questa lingua, aveva mutato vita da un giorno all’altro: per due, per tre anni nessuno lo vide più: datosi allo studio con la foga che metteva nelle cose maligne, aveva rapidamente acquistato il tempo perduto.

Intelligenza tersa ed acuta, nulla gli riusciva difficile. La sua volontà era capace di fermezze ferree, di perseveranze instancabili, ma non si manteneva sempre eguale; crisi di fiacchezze nervose, di rilassamenti malaticci si alternavano con gli sforzi protervi. Questo lato della sua costituzione morale era meno noto perchè egli metteva una specie di geloso pudore nel nascondere le proprie debolezze. Nondimeno era stato visto piangere.

Freddo e duro con i suoi proprii simili, amava d’umano amore le bestie. Appassionato della caccia, i suoi cani gli tenevano luogo d’amici: parlava con essi, li baciava, li guardava lungamente negli occhi quasi per penetrare nell’oscura anima bruta. Dinanzi a quelle infime anime egli si faceva umile: serviva le sue bestie, trascurava sè stesso