Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
144 | spasimo |
Nè voi forse sareste rimasto diminuito nel suo concetto: ella doveva pensare che in voi, in un uomo, l’impazienza del desiderio era naturale; che l’errore era stato suo per non averla prevista!
— Avete ragione, — rispose il Vérod scrollando lentamente il capo. — Questa cosa era naturale. Voi non potete credere che una cosa naturale non si producesse. Non crederete che la fuggii, che la rispettai, che l’obbedii. Voi non sapete la trasformazione che per virtù sua avvenne in me.
— Ditemene qualche cosa.
— È difficile. Poichè io ho l’abitudine di dare forma letteraria ai pensieri, voi troverete probabilmente nelle mie parole l’esagerazione del retore. Non avete già sospettato che ricorressi agli artifizii dei retori per esprimerle i sentimenti miei?
Era vero. Il Ferpierre, quantunque dal dolore del Vérod fosse inclinato a un compatimento sincero, pure ne diffidava. Quell’uomo pareva migliore delle sue opere, ma l’arte sua era troppo amara e disperata. Del più nobile ed efficace strumento, della Parola, si serviva per un’opera dissolvitrice. Come credere alla sua bontà?
— Non dico, — rispose tuttavia, piegato mal suo grado dal chiaroveggente timore del giovane, — non dico che deliberamente, studiatamente, vi siate messo a sedurla. Ma se già in ogni uomo...
— Non pensate che io sia un uomo diverso dagli altri, — interruppe il Vérod. — La natura di