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duello 137

chiamare il Vérod per sentire da lui più precisamente in quale situazione era stato dinanzi alla contessa. L’accusatore aveva detto, nel primo interrogatorio, che la vigilia della tragedia si era trovato con lei e che niente gli aveva fatto sospettare quel che doveva accadere il domani; premeva al magistrato di sapere che cosa era stato detto in quest’ultimo colloquio.

Nel vedere apparire il Vérod, egli fu impressionato dal pallore cadaverico, dal disfacimento della sua figura. La notte d’ambascia era passata sul giovane come tutta una età: era invecchiato di dieci anni.

— Siete voi ancora, — cominciò a domandargli il Ferpierre, — nella stessa opinione di ieri? Credete ancora che l’amica vostra sia stata uccisa?

— Lo credo! — rispose il Vérod subitamente vibrando come un ferito che sente il ferro ricercar la sua piaga.

— E avete trovato altre prove od argomenti che confermino la vostra accusa?

— Non ancora.

— Ebbene, ragioniamo un poco insieme. Se noi non troveremo alcuna dimostrazione materiale della verità, come pare purtroppo, siamo impegnati in un processo indiziario la soluzione del quale dipende da un problema psicologico. Ciò che innanzi tutto importa conoscere è lo stato d’animo della contessa negli ultimi giorni. Ma ditemi prima: vi