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76 | la messa di nozze |
capostazione, del telegrafo e dei biglietti proiettavano sul marciapiedi la luce delle loro lampade incappucciate di verde. Due o tre commessi stavano curvi sulle scrivanie, dinanzi a grossi registri ed a fogli di carta stampata; non si udiva altro rumore fuorchè il ticchettare degli apparecchi telegrafici. Chiuse le sale d’aspetto, tranne quella della terza classe, sopra i cui nudi banchi il facchino dalla barba candida ed un suo compagno erano distesi a dormire.
Per ingannare il tempo egli si mise a percorrere la fronte della stazione, da un capo all’altro; poi riattraversò la sala del Caffè ed uscì sul piazzale. Non una carrozza, non un passante, non un rumore. Sulla facciata esteriore dell’edifizio erano aperti l’ufficio del Dazio, dove due impiegati chiacchieravano fumando nelle pipe, e il passaggio d’entrata, col gabbiotto della giornalaia: una vecchietta sonnecchiante in mezzo alla mostra dei fogli illustrati, aperti nelle pagine più vistose, fra le grosse intestazioni dei quotidiani e le copertine dei libercoli pornografici. Le pozzanghere formate dall’acquazzone del pomeriggio rendevano malagevole l’avventurarsi oltre il marciapiedi; ri-