del Caffè sonnecchiava dentro un bussolotto illuminato dalla fiamma gialla d’una lampada a gas; il cameriere, dinanzi al banco delle vivande, parlottava con un manovratore. Egli ripiegò la lettera e la richiuse nel portafogli. Si versò un poco di latte e di tè, ne assaggiò un sorso, e ripose la chicchera. L’orologio, sul quadro dell’orario, segnava le otto e un quarto. A quell’ora ella doveva essere già partita, il treno che la portava già correva verso di lui. Un senso di gioia, trepida ma grande, lo invase a quella certezza; egli sentì il suo rancore dissiparsi. All’idea che fra un’ora sarebbe giunta, che l’avrebbe avuta tutta una notte per sè, che avrebbe potuto finalmente sfogare la piena dei sentimenti accumulati nel suo cuore, l’immobilità gli riuscì intollerabile. Chiamato il cameriere e pagatolo, si alzò, uscì fuori della sala, sotto la pensilina. I binarî liberi si dilungavano, convergendo nella lontananza, perdendosi verso le masse scure delle cabine e dei depositi, verso le linee rigide formate dalle colonne delle carrozze e dei carri immobili sotto il fioco lume della luna non ancora al primo quarto. Gli ufficî erano quasi tutti chiusi; solo quelli del