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316 la bella morte


Barbarini fece cessare la gara, esclamando:

— Vadano i destinati!

Poi chiamò:

— Roccaforte!... Dov’è il sottotenente di vascello Roccaforte?...

Il giovane, cui toccava il pericoloso ufficio di comandare la lancia, era corso a prora appena udito il grido della vedetta, cercando Luigi Carleoni; non trovandolo, si era arrampicato sul castello, vi si manteneva quasi carponi, avvolto fra le spume, per spiare oltre il bordo, con la febbre dell’ansia sul viso. Energici richiami, grida di ammonimento lo scossero:

— Roccaforte!... Signor tenente!... Via di lì!... Chi è quell’uomo lassù?...

Allora discese, corse alla lancia, vi saltò dentro con la cintura non ancora affibbiata, immediatamente seguìto da tutti i suoi uomini agili e muti. La leggera imbarcazione restò col suo carico umano sospesa sull’abisso urlante e vorace. Ormai ferma, la nave danzava una più folle danza; il pericolo che il debole guscio fosse sbattuto ed infranto contro il fianco d’acciaio era evidente. Barbarini restava esitante, con lo sguardo fiso e la fronte corrugata.