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262 | un sogno |
mento in cui questa cosa paradossale è possibile: che un pacco, meno ancora, un plico, meno ancora, una striscia di garza, la manderà a fondo. La mia compagna m’aveva consentito tante cose, da un giorno e mezzo, restando perfettamente padrona di sè; io m’ero astenuto da ogni atto, da ogni discorso che potessero sembrare minimamente aggressivi: una parola, un gesto, uno sguardo me l’avrebbe fatta cadere nelle braccia.... Io prolungavo l’aspettazione per cogliere l’istante propizio: voleva ella forse ritardarlo?
«Ad una cert’ora fu impossibile restare nel Caffè: già i camerieri raccoglievano le seggiole, le disponevano sui tavolini, spargevano segatura di legno sul pavimento, spegnevano una parte delle lampade elettriche. Quando arrivammo all’albergo il portone, naturalmente, era chiuso. Il portiere di notte ci aperse, il cameriere di guardia ci accompagnò fin sull’uscio del salottino, girando la chiavetta della luce. Dischiusi io l’uscio della camera da letto, dicendo alla mia compagna:
«— Vivessi mill’anni, non dimenticherò mai le impressioni che vi debbo.