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un sogno | 227 |
l’entrata delle sale, con altrettanta indiscrezione fermai allora su lei l’avido sguardo. Non parve che se ne accorgesse. Dopo pranzo, quando il marito l’ebbe lasciata, mi ritrovai accanto a lei nel vestibolo, presso al guardaroba: le chiesi il permesso d’aiutarla a mettersi il mantello, le porsi la borsa ed i guanti.
«— Grazie!... — disse ella. — Siete italiano?
«— Come lo sapete?
«— Non è difficile indovinarlo, al viso, ai modi, all’accento.
«Mai avevo udito voce così musicale, una voce di contralto, grave e dolce, come d’oro. Le sue ultime parole furono dette in francese. Si era accorta di qualche mio errore nel parlare la sua lingua? Voleva rendermi più agevole la conversazione?
«— Venite nelle sale di giuoco? — le domandai, adoperando il francese a mia volta.
«— Non giuoco.
«— Che importa! Vedere gli altri è uno spettacolo.
«— Penoso.
«— Non sempre.
«— E voi, giocate?