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180 | la messa di nozze |
co; ma non tremava più, non si stringeva con la forza di prima al sostegno. Pareva che tutte le sue membra rilassate si fossero rapprese in quella positura; soltanto la fronte si era abbassata, e dalle palpebre gonfie le lacrime sgorgavano, solcavano le guancie emaciate, stillavano a terra.
I coniugi gli voltavano le spalle; l’officiante, sull’altare, era intento alla celebrazione del rito: nessuno poteva scorgere il suo pianto. Se anche lo avessero scorto, egli non sarebbe riuscito a frenarlo. Non piangeva da tanto tempo, dalla notte passata in viaggio, sul treno, con lei. Non aveva più pianto, alla stazione di Milano, vedendola andar via con quell’uomo a cui aveva dovuto stringere la mano e rivolgere parole senza nesso nè significato. Non aveva pianto neanche dopo averli riveduti entrambi, alla Fraida, invitato da lei, quando vi erano venuti per le pubblicazioni; dopo averla udita annunziare che, insieme con Perez, egli, egli stesso, sarebbe stato testimonio alle nozze, e che, compiuta la cerimonia e ripresi i figli a Firenze, sarebbero andati a stabilirsi in Inghilterra. Tutte queste cose lo avevano troppo stordito, come colpi di mazza sul-