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152 | la messa di nozze |
— Dall’altra parte della montagna, oltre il bosco dei larici.
— La conosco, Fraida; dico che questo albergo due anni addietro non c’era.
— È nuovo, dell’altro anno.
Superato l’ultimo tratto dell’erta, il cavallo s’arrestò al principio d’un viale piano e diritto. Pareva che l’intelligente animale volesse significare: «È ora di risalire». Lodovico, infatti, riprese il proprio posto, seguito dall’amico. Appena sentì le redini in mano al padrone, la bestia ripartì al piccolo trotto, con la testa alta, scodinzolando. In pochi minuti percorse il viale, sino in fondo alla piazza.
La chiesa la dominava, da una specie di alta terrazza alla quale si saliva per una larga gradinata: una chiesa severa come un castello, munita di due campanili che parevano torri, coi muri disadorni anneriti dall’età, umidi e rivestiti di musco alla base. Un poco più in alto della chiesa, di fianco, tra una folta macchia di alberi, un vasto e basso casamento, con una specie di rustico portico, formato da colonne di mattoni: la vecchia casa dei Bertini. Il cavallo s’avviò lentamente per la ripidissima viottola che