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98 | la messa di nozze |
veglia e sonno m’accorgevo che il treno era immobile, udivo rumore di passi, voci di sconosciuti.... Che è stato?
— La linea ingombra, ostruita da un treno merci.... Ma che importa? Tanto meglio, se non hai saputo.... Sei tu? Sei tu? Sei tu?... Lasciati guardare.... Lo sai da quanto tempo non ti vedo?... Che luce fioca mandano queste lampade!... Lo sai da quanto tempo ti aspetto? Lo sai che ti credevo perduta? Lo sai che non ti vo’ perdere?
Anch’ella alzò lo sguardo luminoso al grappolo delle lampadine elettriche.
La cabina, con la levigatezza del suo mogano, con la lucentezza dei suoi ottoni, aveva l’aspetto di un mobile, di un grande armadio rotolante. Quantunque nel fracasso della corsa vertiginosa nessuno potesse udire dal prossimo scompartimento, egli abbassò ancora la voce, le domandò quasi all’orecchio:
— Sei tu? E sei mia? Sei mia, di’?...
Rivoltatasi verso di lui, passandogli una mano sulla fronte, ella rispose:
— Non vedi che cosa faccio per te?
Allora tutta la sua passione soffocata, umiliata, disconosciuta, traboccò. Scotendo la testa, con voce amara, egli protestò: