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la poesia di un filosofo 79


E questa umana facoltà del giudizio è una cosa buona o cattiva, utile o superflua, importante o trascurabile? Egli dice:

Combien plus sagement, avec moins de grandeur,
Exempt de sympathie, affranchi de pudeur,
L’animal se résigne aux fléaux sans refuge!...
Il est heureux; son sort, par moments, je l’envie.

Dunque l’animale, quantunque incapace di simpatia e di pudore, è più saggio, più felice, degno d’invidia. Allora l’uomo cosciente, l’uomo giudicante, oltre che degno di compassione ed infelice, è anche meno saggio: questa sua coscienza è una stoltezza. Bisognerà chiederne conto a lui? No, certamente; perchè egli è stato fatto così, non si è fatto da sè, liberamente, responsabilmente. Allora vorrà dire che la natura, della quale è opera, avrà creato una coscienza capace di giustizia soltanto per darle il sentimento d’una ingiustizia, d’una stoltezza, d’una nefandezza nuova! E ancora: la giustizia non esiste nella natura, ma soltanto nel cuore dell’uomo; l’uomo s’accorge che l’universo è stato compito «senza virtù» e sente che il suo desiderio di virtù è stoltezza. La conclusione dovrebbe essere pertanto che la giustizia non esiste in verun luogo, nè nella natura, nè nel cuore umano!