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48 | il superuomo |
mo visto, dice espressamente che la diseguaglianza degli uomini è una «menzogna». Il Nietzsche invece esige che si distingua tra forti e deboli, tra abili e inabili, tra padroni e servi.
Altro e non minore inconveniente: non si sa più comandare; quei pochi che esercitano un timido potere, quasi se ne scusano; si dicono i primi servitori del paese, gli strumenti del bene comune. Non si osa castigare; i delinquenti commuovono più delle vittime; il Tolstoi, anzi, se la piglia con l’istituto della giustizia; nega che un uomo abbia il diritto di condannarne un altro.
Ancora: la donna rivaleggia con l’uomo; invece di affidarsi a lui, perde le attrattive proprie del suo sesso, lavora di gomiti per farsi strada, si rovina i nervi, si riduce sempre più inadatta a procreare una prole robusta.
Questa è la civiltà nostra, la civiltà dei popoli cristiani. E mentre il Tolstoi la giudica troppo poco cristiana, mentre la sferza per eccitarla a tornare alla vera dottrina di Gesù, il Nietzsche la fa oggetto di un odio che muove da opposte ragioni. Egli si rivolta contro l’ideale ascetico, contro le prediche sacerdotali che impedirono all’uomo di mettersi in faccia alle cose ed a sè stesso. La scienza tenta bensì il libero esame della realtà, ma senza frutto. Lo scienziato che