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la timidezza 245

sibbene quella che proviene dalla timidezza superata e vinta. Ma quando la timidezza è tale che, invece di stimolarci a trionfarne, ci accascia e confonde, allora è di grave danno.

Anche in tali casi, tuttavia, essa può avere qualche vantaggio. L’incapacità di adattarsi alla vita pratica, che è dei timidi nati ed ostinati, spinge alla vita speculativa o immaginativa, alla scienza o all’arte. Il Wagner ha detto: «Se noi avessimo la vita, non avremmo l’arte. Se io potessi ritrovare la mia gioventù, la salute, la natura, una donna veramente amante, guarda: darei tutta l’arte mia.» E i difetti del timido nella vita, la sua smania di originalità, il suo scrupolo di perfezione, sono altrettante qualità del timido che si dà all’arte. Ciò è vero tuttavia sino a un certo segno. Lo sviluppo delle doti artistiche non è sempre agevole nel temperamento timido; alle volte anzi è del tutto impedito, come nell’Amiel, il quale diceva di sè stesso: «Tu hai lasciato, per timidità, l’intelligenza critica divorare dentro di te il genio creatore». E se il troppo ricercare la perfezione riduce all’impotenza, il troppo compiacersi nella singolarità conduce alla stravaganza, che è forse peggio.